| II.
-Schwimmer mi odia- disse energicamente Meredith -Lui e quelle cazzo di traduzioni di latino Damian, seduto sul banco, la guardava indifferente. -Vedrai- continuò lei -Se oggi non mi becca con un'altra frase impossibile -Non succederà il tono di Damian era freddo, ma rassicurante -E tu come fai a dirlo? -Non succederà Mancavano pochi minuti prima che il professor Joseph Schwimmer, supplente di latino, facesse la sua entrata in aula. Damian rivolse a Meredith un sorriso. -Fidati di me Lei sbuffò stancamente. -Mi fido ma...Schwimmer.... Damian le prese il mento con due dita e le alzò il volto. -Fai come ti dico...e andrà tutto bene -Come fai a dirlo? -Lascia fare a me A quelle parole, lei si convinse che Damian aveva ragione.
L'aula 24 era silenziosa, ma un senso di aspettativa era sospeso nell'aria. Era sabato mattina, e solo poche ore separavano gli allievi dalla relativa libertà del fine settimana. Joseph Schwimmer, seduto incattedra, sfogliò il registo mentre cercava di decidere chi doveva tradurre la prima frase. Era difficile, ma non quanto la quarta frase che, nelle sue intenzioni, era già assegnata a Meredith Clive. Il professore gustava quell'aria tesa che preannunciava la preoccupazione degli alunni, tutti spaventati all'idea di essere scelti per la traduzione. Si trovava da poco ad Harrington Abbey, era stato assunto come sostituto del defunto professor Percival Pamler, suicidatosi nel suo ufficio il trimestre prima. Lui era molto diverso da Palmer, aveva capito subito che i suoi allievi non erano abituati a dover sostenere un'interrogazione di latino ad ogni lezione, se la dovevano essere presa comoda fino ad allora. Ci voleva disciplina, e Joseph Schwimmer era il candidato ideale per impartirne. L'allieva che aveva trovato più irritante era Meredith Clive, una ragazzina timida, solare e sempre felice. Era amica di tutti. A Joseph dava sui nervi. L'aveva già tartassata altre volte con traduzioni ben oltre la sua capacità e sempre aveva goduto in silenzio dell'imbarazzo della ragazza, della sua incapacità di affrontare la situazione, i balbettii, il rossore sul suo volto, la voce tremante. Quel giorno si sarebbe divertito ancora. Mentre scrutava le file di banchi si accorse di un fatto insolito. Damian Doyle, seduto nella consueta posizione isolata, non stava guardando fuori dalla finestra come faceva di solito durante le sue lezioni. Guardava lui. Senza dubbio si stava chiedendo chi sarebbe stato il prescelto. Gli occhi di Schwimmer passarono oltre e si fermarono su un banco a due posti dall'altra parte dell'aula. -Borkow Phillip Borkow, attento e preparato, cominciò bene ma poi si fermò. Non era una cosa imprevista: il testo conteneva un cocetto nuovo per la classe. -Qual'è il tempo del verbo Borkow? Il ragazzo rifletté un momento. -Trapassato remoto, signore Schwimmer scosse il capo. -Quasi, ma non proprio- si passò la lingua sulle labbra -Forse qualcuno può illuminarlo? Una mano si alzò. Joseph Schwimmer provò il consueto senso di irritazione -Tutto qui? L'abbiamo studiato la settimana scorsa Vide che qualcun'altro se ne ricordava, poichè altre cinque o sei mani si erano alzate. -Così va meglio- Si concesse una piccola battuta -Sono lieto che almeno qualcuno di voi stia attento quando faccio lezione risate servili si alzarono dai banchi. Damian Doyle lo stava ancora fissando. -Dimmi, Spencer -E' un gerundio, signore -Giusto. Ti dice qualcosa Borkow? Borkow arrossì leggermente. -Si signore. Mi spiace -Continua Borkow, chiarito il punto, concluse la traduzione con discreta scioltezza. -Bene, la prossima volta vedi di identificare la costruzione prima di cominciare. All'esame non avrai Spencer ad aiutarti Altre risate. Schwimmer voltò la pagina del libro di testo e studiò chi chiamare per la frase successiva. Poichè era una delle più facili, la maggior parte degli studenti ricambiò lo sguardo. Lo fece anche Damian Doyle. Quello scrutinio costante cominciava a disturbare il professore. Di solito lo irritava l'abitudie di Doyle di guardare fuori. Però questa volta quegli intensi occhi azzurri puntati, senza batter ciglio, su di lui indussero Schwimmer a desiderare che le vecchie abitudini non morissero così facilmente. -Leticia Mitchell La ragazza si scambiò una rapida occhiata con la compagna seduta accanto a lei; lo facevano sempre, quando una di loro veniva interrogata. Leticia cominciò a tradurre, lentamente ma con precisione. Dietro di lei, Meredith Clive e Aaron Miller fissavano i propri libri. Schwimmer sospettava che Meredith facesse affidamento sulle risposte preparate da Aaron. Anche lui non era uno studente particolarmente abile ma di certo si era prontamente fatto passare le traduzioni da altri compagni, come suo solito. Non che avesse importanza. Qualunque studente, per quanto bravo, avrebbe avuto problemi con la quarta frase. Sperava solo che Damian Doyle smettesse di guardarlo in quel modo. Leticia Mitchell incappò in un errore. O no? Benchè gli occhi del professore fossero fissi su di lei, la sua attenzione continuava a spostarsi verso il banco vicino alla finestra. -Ripeti l'ultima frase Mitchell Leticia eseguì. Tutto giusto, non c'era nemmeno un errore. Schwimmer provò imbarazzo. -Tieni la testa alta, Mitchell, e apri di più la bocca. Ti stai mangiando le parole Leticia, sollevata per essere giunta alla fine senza inconvenienti, annuì disciplinatamente. Frase tre. Non troppo facile. I ragazzi che prima avevano sostenuto lo sguardo del professore questa volta si chinarono di nuovo sul piano dello scrittoio. Non così Damian Doyle. I suoi occhi restavano fissi su Schwimmer. Senza battere le palpebre, concentrati. Nell'aula faceva freddo, ma l'aria cominciava a sapere di stantio. -Doyle, traduci la terza frase Si aspettava che abbassasse gli occhi, ma non lo fece. Continuò a scrutarlo. Distaccato, ma ostile. -Doyle mi hai sentito? -Si, signore -Allora concentrati sul tuo testo. La risposta non sta sospesa nell'aria. E sbrigati, non abbiamo tutto il giorno a disposizione Guarda altrove, guarda altrove, guarda altrove, guarda altrove. La bocca cominciò a muoversi, ma il professore aveva difficoltà a seguire la traduzione. Gli occhi restavano puntati su di lui. Si sfrozò di registrare mentalmente le parole, guardando il proprio libro e verificando l'esattezza. Perfetto. -Molto bene Tornò ad occuparsi del resto della classe, che continuava a guardare in basso. -Adesso ci occuperemo della numero quattro- Fece una pausa per osservare le spalle che diventano tese -Clive, direi Un rumoroso sospiro si alzò dal banco accanto alla finestra ed eccheggiò nella stanza. Gli occhi erano ancora fissi su di lui. Schwimmer voltò la pagina del libro consapevole del tremito della propria mano. Meredith Clive non alzò la testa. Cominciò lentamente, tradusse la prima parola, le seconda, poi tacque. Joseph Schwimmer recuperò in parte la propria sicurezza. -Continua -Non lo so, signore Schwimmer permise alla propria voce di assumere una certa durezza. -Clive ti ho avvisato. Non farci aspettare. Quale parola viene dopo? Attese di vederla arrossire, balbettare, cadere in preda al panico. Meredith alzò la testa e fissò l'insegnate. Il suo viso era pallido, gli occhi limpidi. -Gliel'ho detto, signore. Non lo so Schwimmer sentì lo stomaco in rivolta. Una cosa simile non poteva accadere. -Clive, ti ho avvisato... -Forse qualcun'altro potrebbe illuminarla, signore? Damian Doyle stava ritorcendo le sue parole contro di lui! Ma che c'entrava Doyle? -Nessuno l'aiuterà. Ho chiesto a Clive di tradurre la frase, e noi staremo qui seduti finchè lei non l'avrà fatto Osservò Meredith cercando i segni familiari di umiliazione, ma non ce n'erano ancora. -Continuo ad aspettare, Clive -E io continuo a non sapere, signore -Forse qualcuno potrebbe aiutarla, signore? Come lei ha permesso a Spencer di aiutare Borkow? -Doyle, se volessi la tua opinione... -Sto solo cercando di collaborare, signore. Se lei non ha adesso la risposta, non ce l'avrà mai. E come lei stesso ha detto, signore, non abbiamo tutto il giorno a disposizione Schwimmer si sentiva ipnotizzato da quegli occhi. Cercò di riprendersi, non poteva permettere a quel ribelle di umiliarlo. -Potrei aiutarla io disse Aaron Miller intromettendosi. Schwimmer se l'aspettava, quel patetico ragazzino pratico solo nell'attività fisica sbavava dietro alla Clive da quando questa era arrivata. La seguiva come un cagnolino ovunque andasse; Schwimmer si divertiva a provocare quell'insulso ragazzo, ma in quel momento voleva sistemare un'altro, forse più fastidioso elemento. Vuoi il gioco duro, Doyle? Ebbene sarai accontentato -Doyle, visto che sei così desideroso di collaborare, forse potresti illuminare la nostra Clive Gli occhi lo perforarono -Si, signore. Forse potrei Ci furono delle risatine soffocate, stavolta non erano servili. -ALLORA FALLO! Damian Doyle diede con aria noncurante la risposta esatta. -Giusto- ammise Schwimmer con riluttanza -Ora continua, Clive Meredith tornò a concentrarsi sul libro di testo. Però Doyle continuava a fissare Schwimmer, che aveva il cuore in tumulto. La penna che aveva in mano gli scivolò d'un tratto, facendolo trasalire. Si sfrozò di concentrarsi su ciò che diceva Meredith, sperando in un errore. Infine ce ne fu uno. -Ripeti, Clive -Che cosa, signore? -Ciò che hai appena detto! Sbrigati! -I cittadini spaventati avevano dimenticato di... -Il tempo! Che tempo è? -Avevano dimenticato -Errore! Errore! Errore!- Schwimmer giubilava -Quante volte te lo devo dire? Come sei stupida! Non riesci a fare nulla di buono? Perchè... -Forse lei scoprirà che non è sbagliato, signore intervenne Damian Doyle. -Cosa vuoi dire? Certo che lo è! Guarda il testo! -Lo sto facendo, signore -Non con sufficente attenzione, a quanto vedo Schwimmer guardò il proprio libro. Il cuore gli sprofondò nello stomaco. La risposta di Meredith Clive era esatta. Come poteva aver commesso un errore così grossolano? Come, se non per la confusione prodotta dallo sguardo insistente di Doyle? Deglutì a disagio. -Sembra che io mi sia sbagliato, Clive. Le mie scuse- tornò a guardare il testo, e intanto udì dei mormorii nell'aula -Continua Meredith completò la frase. -Nessun errore. Bene. Ora dobbiamo sbrigarci, il tempo passa. La prossima frase...Finch Stuart Finch cominciò a parlare. Schwimmer alzò gli occhi. Tutti i ragazzi lo stavano ossevando, e tutti furono svelti ad abbassare la testa. Tutti meno due. Schwimmer respirò lentamente, riservando la propria attenzione a Finch, cercando di capire ciò che il ragazzo stava dicendo. Però le parole erano solo rumori, raffiche di suoni affogate dal potere degli occhi. Poi, all'improvviso, Doyle si lasciò andare contro lo schienale e riprese a guardare fuori dalla finestra, come faceva sempre. Meredith sentì il cambiamento, lanciò un'occhiata a Doyle per averne conferma, quindi guardò di nuovo il libro. La normalità era ripristinata. Schwimmer sentiva il viso congestionato e il cuore che batteva a precipizio, avvertiva pure una stretta al cranio che sembrava preannunciare una cefalea. Inspirò adagio e profondamente. Finch teminò la traduzione, seguito da Anderson, poi da Spencer. Il professore raccolse la penna che gli era caduta prima, la sua mano aveva smesso di tremare. Cominciò a sentirsi più calmo, più sicuro, e furibondo. Doyle e Meredith erano stati insolenti al massimo. Avrebbe parlato con loro alla fine della lezione. Ma forse, pensò, l'unico con cui voleva parlare era Doyle.
Quando il campanello squillò alla fine della lezione, Joseph Schwimmer fece uno sforzo per controllare il proprio sollievo. -Bene. In libertà. Senza fare troppo chiasso, per favore I ragazzi del quarto anno si alzarono in piedi e si avviarono verso l'uscita, preparandosi per l'intervallo di metà mattinata. Joseph stava seduto e li osservava. James Wheatley sembrava teso. Forse aveva dormito male, peggio per lui. L'oggetto della sua attenzione si stava avvicinando. Schwimmer esitò per un momento, poi decise di affrontare la questione. -Doyle! Damian Doyle si voltò verso di lui. -Signore? -Una parola con te, se non ti dispiace Damian Doyle si fermò e atttese che gli altri allievi uscissero. Joseph vide Meredith Clive e Aaron Miller in attesa sulla soglia. -Cosa aspettate voi due? Andatevene e chiudete la porta Aaron obbedì, ma Meredith rimase dov'era. -Clive, sei sorda? Ancora nessuna reazione, finchè Damian Doyle non si voltò facendole un cenno affermativo con la testa. Joseph trangugiò la collera e si dedicò al problema che voleva discutere. -Dimmi, Doyle, che sta succedendo? Gli occhi azzurri lo fissarono con calma. -Che cosa vuol dire, signore? -Non fare il tonto con me. Sai esattamente che cosa intendo -Davvero, signore? -Per quanto tempo credi che io possa sopportare questo comportamento? -Quale comportamento, signore? Joseph inspirò profondamente. -Damian Doyle, non mi piace essere provocato -Sono sicuro che non le piace, signore. Però mi sarebbe di enorme aiuto sapere di che cosa sta parlando -Ti consideri molto furbo, vero, Doyle?- Damian si strinse nelle spalle -Non è così? -Credo che sia una domanda da rivolgere ai miei insegnati, signore. Lei mi considera furbo? -Non girare intorno all'argomento, Doyle -Girare intorno a cosa, signore? -Altri membri del personale insegnante possono essere disposti a tollerare la tua insolenza, ma io no, te l'assicuro -Sono insolente, signore? -Sai maledettamente bene che lo sei -Non lo so, signore. So con certezza che mi sforzo sempre di essere educato. Però, se lei volesse spiegarmi quale aspetto del mio comportamento lei considera insolente, sono sicuro che potrei tentare di cambiarlo Schwimmer si rese conto di essere come un pugile chiuso nell'angolo. Doyle diceva la verità. Il suo comportamento indossava sempre la maschera della perfetta educazione. Lo disturbava solo ciò che c'era dietro quella maschera. Come il suo modo di guardare. Stava andando sempre peggio. Quegli occhi, così fissi e penetranti, rimanevano concentrati su di lui, senza batter ciglio, dall'inizio alla fine della lezione. Schwimmer aveva tentato di ignorarlo, ma era difficile perchè, nei rari istanti in cui guardava quegli occhi, vedeva tutto il veleno che essi contenevano e provava paura. Proprio come in quel momento. Gli occhi di Damian Doyle lo bloccavano completamente, come se lui avesse avuto una morsa intorno alla testa. Lo perforavano come punte di trapano, facendogli capire che volevano vedere nella sua anima e nella tenebra che ospitava. Era un duello, e lui stava perdendo terreno. Lottò per riprendere il controllo. -Ho detto tutto ciò che ho da dire, Doyle. Prendilo come un monito. Se questo comportamento continua, faro i passi necessari per farlo cessare. Qui io sono il professore, e come tale detengo il potere. Sarà saggio da parte tua tenerlo presente Parole forti, di cui si pentì subito. Quasi impercettibilmente Damian Doyle raddrizzò la schiena. -Lei...non mi sta minacciando...vero, signore? Il tono era ancora cortese, ma gli occhi erano glaciali. Joseph Schwimmer deglutì a fatica. -Mi sta minacciando, signore? -No -Me ne rallegro, signore. Sarebbe molto sleale da parte sua, quando io faccio tanti sforzi per essere educato Damian fece un passo avanti. Joseph lottò contro l'istinto che lo spingeva a lasciarsi andare contro la spalliera della poltrona. -In effetti, signore, potrebbe spingermi a dimostrale quanto posso essere insolente- un sorriso cominciò ad affiorare sugli angoli della sua bocca -Speriamo di non dover arrivare a questo, signore Joseph avrebbe voluto parlare, ma la sua gola era arida. Poté soltanto annuire. -C'era qualche altra cosa che lei voleva dirmi? Joseph scosse il capo. -Allora posso andare? -Si -Grazie, signore Damian girò sui tacchi e si diresse alla porta. Prima di uscire si voltò sorridendo. -A lunedì, signore. Seconda lezione Poi se ne andò. Joseph rimase dov'era. Allungò una mano per prendere la penna e mettersi a scarabocchiare qualcosa sul registro. Il tremito violento gli impedì ti farlo
Edited by Ouija - 5/2/2010, 17:32
|